Come di consueto, questo inizio settembre porta con sé una serie di incertezze, nonostante un'estate povera di notizie di rilievo.

Mercati azionari: il ritorno dell'eccezionalità americana e una dinamica europea da confermare

Durante l'estate, gli asset rischiosi hanno registrato un progresso costante e con scarsa volatilità: le azioni americane hanno mantenuto un andamento positivo, il Giappone ha recuperato terreno e la Cina ha nettamente sovraperformato, mentre l'Europa ha sottoperformato rispetto alle altre regioni. Le valute si sono stabilizzate e la stagione dei risultati è stata solida, in particolare negli Stati Uniti, con revisioni degli utili favorevoli, sostenute dai titoli tecnologici e dai "Magnificent Seven".

A livello tematico, il commercio mondiale si sta riorganizzando attorno a dazi doganali inferiori alle attese, mentre la strategia statunitense si basa su importanti contropartite di investimento (rilocalizzazione, reindustrializzazione). L'intelligenza artificiale (IA) e la produttività sono ancora oggetto di dibattito per quanto riguarda i guadagni misurabili a breve termine, ma il nuovo slancio (agenti, casi d'uso) sostiene le aspettative di risultati dei principali beneficiari e sostiene l'indice delle grandi capitalizzazioni americane.

In Europa, la dinamica tedesca rimane incerta (attuazione e finanziamento dei piani) e le sorprese macroeconomiche restano timide. Nel complesso, escluse le banche, non è prevista una vera crescita degli utili prima del secondo trimestre del 2026, da cui deriva un orientamento di allocazione più favorevole agli Stati Uniti.

In Francia, mentre il voto di fiducia dell'8 settembre sul bilancio porta alla caduta del governo Bayrou, il differenziale OAT-Bund rimane sotto osservazione. Il mercato ci sembra meno preoccupato, ma abbiamo ridotto la sensibilità ai tassi e coperto parte del rischio di allargamento dello spread.

Per quanto riguarda gli stili e i flussi, le small e mid cap hanno attirato capitali nel secondo trimestre senza un ciclo strutturale comprovato. In Europa, la loro performance è complessivamente paragonabile a quella delle large cap, con lo stile value che supera il growth, trainato dalle banche e dai servizi di pubblica utilità.

In sintesi, un'estate apparentemente tranquilla, ma caratterizzata da importanti cambiamenti (reindustrializzazione americana, IA, dossier Francia). Rimaniamo più ottimisti sugli Stati Uniti, dove la dinamica degli utili rimane positiva, e manteniamo una relativa cautela sull'Europa fintanto che la visibilità tedesca e francese rimane limitata. In Francia, la caduta del governo Bayrou, causata dal voto di fiducia dell'8 settembre sul bilancio, non dovrebbe rappresentare un rischio sistemico per i mercati azionari, ma rimane sotto osservazione.

Mercati obbligazionari: tassi a 30 anni sotto pressione

I mercati obbligazionari sembrano finalmente sollevati dall'esito delle trattative con gli Stati Uniti sui dazi reciproci. Si è evitata un'escalation letale per l'economia, ma il livello medio dovrebbe attestarsi intorno al 18% rispetto al 2,4% al momento dell'insediamento di D. Trump, con forti disparità a seconda delle zone e dei prodotti interessati. Il dibattito è aperto, ma sembra probabile che le aziende trasferiranno almeno una parte di queste tasse sui loro prezzi, influenzando potenzialmente il comportamento dei consumatori americani (68% del PIL). L'inflazione americana si è stabilizzata (2,7% su base annua), ma rimane al di sopra dell'obiettivo del 2% della Fed. Nonostante l'inflazione sia ancora sotto controllo, il bilancio dei rischi della Fed è cambiato a causa dei dati negativi sulla creazione di posti di lavoro pubblicati di recente. J. Powell ha aperto la porta a un taglio dei tassi di riferimento a settembre durante il suo discorso a Jackson Hole. Rimanendo in tema Fed, la pressione politica dell'amministrazione Trump non fa che aumentare (nomina di S. Miran alla carica di governatore, minacce nei confronti del governatore L. Cook, dichiarazioni regolari su J. Powell). La messa in discussione dell'indipendenza della Fed sarebbe senza dubbio un fattore di destabilizzazione dei mercati finanziari, in primo luogo degli asset statunitensi, come abbiamo potuto vedere ad aprile (brusco aumento dei tassi a lungo termine e calo del dollaro).

A questo proposito - ed è anche un fattore di rischio comune con l'Europa - i tassi a 30 anni continuano la loro crescita strutturale a causa del proseguimento delle politiche fiscali espansive e dell'aumento del debito. I mercati dovranno assorbire un volume significativo di emissioni, il che potrebbe accentuare questo aumento dei rendimenti a lungo termine e influire in ultima analisi sugli altri mercati e sul settore immobiliare. Gli Stati Uniti sembrano voler ricorrere a un espediente per evitare questa situazione, ovvero emettere gran parte dei titoli di Stato con scadenze molto brevi (TBills).

Nell'area euro, la crescita resiste con un tasso annualizzato dell'1,4%, ma le conseguenze della guerra commerciale devono ancora manifestarsi e dovrebbero limitare il potenziale di ripresa dell'economia europea. Sul fronte dell'inflazione, la situazione è piuttosto stabile e sembra soddisfare la BCE, come dimostra l'ultimo discorso di C. Lagarde, che ritiene la BCE ben posizionata con un tasso di deposito del 2% e non sembra intenzionata ad abbassarlo ulteriormente.

Il mercato del credito continua a beneficiare di un momentum positivo, ma gli spread si attestano su livelli vicini ai minimi storici, il che li rende meccanicamente più vulnerabili. I fattori di sostegno sono ben identificati e ancora all'opera: rendimenti ancora elevati in termini assoluti, flussi ancora in entrata sulla classe di attività e bassi tassi di insolvenza legati a una crescita economica resiliente.

In sintesi, per quanto riguarda i tassi a breve termine, la BCE non intende abbassare ulteriormente i tassi di riferimento. Gli investitori prevedono ancora un calo dei tassi entro il 2026, il che lascia spazio a una leggera correzione sulla parte breve. Per quanto riguarda la Fed, sembra aperta la possibilità di un calo di 25 punti base a settembre, ma il rapporto tra inflazione e occupazione rimane molto incerto fino alla fine dell'anno. I rendimenti a medio e lungo termine dovrebbero rimanere elevati rispetto alla loro media storica degli ultimi 10 anni, il che continuerà ad attrarre flussi verso questa classe di attività e a limitare eventuali tensioni sugli spread creditizi, nonostante le valutazioni tese. Particolare attenzione sarà rivolta ai tassi a 30 anni, vista l'entità dei rifinanziamenti in programma sia in Europa che negli Stati Uniti. In ogni caso, la pendenza delle curve dovrebbe continuare ad aumentare.

Completato il 09/09/2025

Azioni, obbligazioni: chiavi di lettura per la fine dell'anno

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