Il 2020 sarà uno dei peggiori anni a livello di evoluzione dei dividendi distribuiti.

L'anno borsistico 2020 oscilla tra il peggiore (-22,6% nel primo trimestre in Europa) e il migliore (+13,5% nel secondo) e il suo esito resta quanto meno incerto. Tuttavia, un dato risulta già chiaro: il 2020 sarà uno dei peggiori anni a livello di evoluzione dei dividendi distribuiti. La Francia costituisce un esempio emblematico con almeno 2/3 delle società del CAC 40 che hanno ridotto o eliminato la propria distribuzione annuale. Se i tagli dei dividendi sono comuni nei periodi di recessione (ad esempio, lo stesso è avvenuto durante la grande crisi finanziaria del 2008/2009) una caratteristica particolare di questa crisi consiste nel numero senza precedenti di tagli dei dividendi per i "dividend aristocrat". Questo anglicismo altisonante si riferisce alle società che, anno dopo anno, a prescindere dal contesto economico, riescono a mantenere o a incrementare il proprio dividendo per azione. Così, quest'anno, LVMH ha posto fine a oltre 25 anni di crescita ininterrotta del proprio dividendo per azione. Lo stesso vale per la società petrolifera Royal Dutch Shell, i cui progressi storici risalivano alla seconda guerra mondiale, anche se l'introduzione di un dividendo in titoli qualche anno fa già rappresentava un serio strappo alla regola. Effettivamente, tanto i tagli dei dividendi sono diffusi tra i titoli ad alto rendimento che in generale presentano attività cicliche e/o bilanci tesi, tanto i "dividend aristocrat" sono poco comuni, dato che di solito operano nei settori meno ciclici e godono di bilanci più solidi rispetto alla media.

Quest'anno non è ancora possibile tracciare con certezza un bilancio, poiché alcuni gruppi hanno semplicemente "rinviato" la propria decisione sulla distribuzione dei dividendi, lasciando sperare nel pagamento alla fine dell'anno. Tuttavia, allo stato attuale delle nostre conoscenze, la conclusione non lascia adito a dubbi: il 40% delle società appartenenti a questa famiglia ristretta dei "dividend aristocrat" ha ridotto o sospeso i dividendi quest'anno, mentre durante la crisi del 2008/2009 la percentuale era pari ad appena il 17%*…

La spiegazione di quest'emorragia risiede nella natura particolare della crisi attuale legata alla pandemia di COVID-19.

Infatti, stavolta il punto non è tanto la natura ciclica o difensiva dell'attività in cui opera la società, quanto la sua capacità di restare "aperta" durante la crisi. È così nata una nuova dicotomia, anche in settori "difensivi" come la salute e i generi alimentari, tra le società che producono e che sono rimaste "aperte" e le società che distribuiscono nei punti vendita e che sono state chiuse a livello amministrativo. Questo spiega perché Novartis, Roche o Sanofi abbiano mantenuto dividendi in crescita, mentre Essilor-Luxottica o il suo concorrente tedesco Fielmann abbiano annullato i propri. La stessa causa e lo stesso effetto interessano anche il settore alimentare, dove i produttori Nestlé e Danone sono riusciti a incrementare i propri dividendi, mentre l'operatore della ristorazione collettiva Compass o il produttore di panini Greggs hanno sospeso i propri.

Tutt'altro che solo aneddotiche, queste cancellazioni o riduzioni dei dividendi possono avere un impatto duraturo sull'andamento e sulla valutazione delle società interessate. In effetti, numerosi studi accademici tendono a dimostrare che gli investitori concedono un sovrapprezzo alle società che fanno aumentare i propri dividendi anno dopo anno… di conseguenza, una rottura nella politica di remunerazione azionaria rischia seriamente di avere l'effetto contrario per questi "nuovi plebei".

*sulla base delle informazioni provenienti delle nostre banche dati proprietarie.

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